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Nsui-fisi, la "iena leopardo" della Rhodesia

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Il "ghepardo reale", ritenuto a lungo un animale leggendario, è in realtà il frutto di una mutazione
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Nsui-fisi, la "iena leopardo" della Rhodesia

la storia della ricerca di un animale ritenuto leggendario
Ritratto di lorenzorossi di Lorenzo Rossi - Lun, 23/07/2012 - 09:28Qui si parla di
Il "ghepardo reale", ritenuto a lungo un animale leggendario, è in realtà il frutto di una mutazione

La recente fotografia di un magnifico leopardo pseudo-melanico scattata da una fototrappola nelle foreste di Parambikulam, India, ha riacceso l'interesse nelle mutazioni dei felini, in particolare relativamente al fatto che quest'ultime possano in qualche modo influenzare l'habitat e l'etologia dell'animale che ne è affetto.

Il melanismo, particolare stato dell'epidermide che presenta una pigmentazione scura diffusa, è sicuramente l'anomalia più conosciuta, tanto che i leopardi che ne sono caratterizzati vengono comunemente chiamati "pantere nere". Quando il melanismo non è completo, si parla di pseudo-melanismo, di cui il leopardo fotografato in India è un magnifico esempio.

 

Il leopardo pseudo-melanico di Parambikulam

Ma da un punto di vista criptozoologico, probabilmente la più interessante mutazione conosciuta nei felini è quella che diede origine alle leggende sulla Nsui-fisi, la "iena leopardo", conosciuta e temuta dai nativi della Rodesia. Ritenuto un incrocio tra questi due carnivori, l'animale era descritto come simile a un leopardo, ma provvisto di un manto nero e bianco come quello della iena striata e dotato di artigli non retrattili. Questi racconti furono ritenuti nient'altro che leggende sino a che, nel 1926, il Maggiore A.C. Cooper documentò sulle pagine del The Field del 14 ottobre, l'esistenza di una bizzara pelle appartenuta a un misterioso felino abbattuto presso Macheke, a circa 100 km a sudovest di Salisbury (attuale Harare).

Caratterizzata da grosse macchie nere, striature lungo la schiena e i fianchi e anelli attorno alla coda, fu identificata da Reginald Pocock, esperto di felini del British Museum, come quella di un ghepardo, che era però convinto trattarsi di una nuova specie, che battezzò nel 1927 Acinonyx rex, "ghepardo reale". Ma dodici anni dopo, in seguito al ritrovamento di altre pelli simili che mostravano "stadi intermedi" rispetto al manto del ghepardo comune A. jubatus e a quello del ghepardo reale, Pocock rivide la sua posizione, ipotizzando che l'A. rex non fosse altro che il frutto di una mutazione genetica.

Esperimenti di accoppiamento avvenuti all'inizio degli anni '80 presso il Wildt Cheetah Breeding and Research Centre of Pretoria's National Zoological Gardens confermarono questa tesi: il magnifico manto del ghepardo reale era dovuto ad un allele mutante recessivo. Ma nonostante questa spiegazione i coniugi Lena e Paul Bottriel, dopo un lungo lavoro sul campo, portarono all'attenzione del mondo scientifico altre strane anomalie relative ai ghepardi reali. Secondo loro infatti, al contrario dei ghepardi comuni, diurni e legati all'ambiente di savana, quelli affetti dalla mutazione sembravano prediligere una vita notturna in prossimità delle foreste, forse perché il loro manto ne favoriva il mimetismo.

Così nel 1987 formularono un'ardita teoria: il ghepardo reale era la prova dell'evoluzione in atto. La divergenza di una forma mutante, che se riproduttivamente separata dalla forma di origine per un periodo di tempo sufficientemente lungo, attraverso habitat ed etologia differenti, può dare infine origine ad una nuova specie. Da questo punto di vista Pocock non avrebbe quindi commesso un errore nel descrivere una nuova specie, "semplicemente" lo fece con un anticipo di qualche milione di anni.

Bibliografia essenziale

BOTTRIEL, Lena Godsall (1987), King Cheetah - the Story of the Quest.
POCOCK, R. I (1927), Description of a New Species of Cheetah (Acinonyx). Proceedings of the Zoological Society of London Volume 97, Issue 1, pages 245–252, April 1927.