
Il "devil pig" della Papua Nuova Guinea

La Papua Nuova Guinea, situata a nord dell’Australia (con la quale durante l’era glaciale costituiva un unico territorio) e a sud dell’equatore, occupa la parte orientale della grande isola di Nuova Guinea ed è ricoperta per tre quarti del suo territorio da foreste pluviali tropicali.
Nonostante una flora che può vantare quasi 9.000 specie di piante e un’avifauna unica al mondo per ricchezza e varietà, alle specie autoctone di mammiferi terrestri appartengono per la maggior parte pipistrelli e marsupiali di modeste dimensioni, anche se con alcune eccezioni di notevole interesse come il dingiso (Dendrolagus mbaiso) scoperto da Timothy Flannery e l’echidna dal becco lungo, Zaglossus bartoni, che potendo raggiungere il metro di lunghezza, rappresenta il più grande mammifero oviparo vivente.
Ma escludendo la presenza di animali introdotti dall’uomo e in seguito inselvatichiti, come il maiale e il bufalo d’acqua (Bubalus bubalis), la taglia della fauna terrestre presente in questo territorio è piuttosto esigua. Questo spiega perché nella seconda metà dell'Ottocento, alcune segnalazioni relative a un grosso quadrupede non meglio identificato, suscitarono un certo interesse all'interno del mondo accademico...
Il primo accenno a un grosso animale autoctono in Nuova Guinea risale al 28 gennaio 1875, quando sulle pagine della rivista Nature Alfred O. Walker pubblicò questo resoconto:
Informazioni molto più interessanti giunsero il 4 febbraio dello stesso anno tramite una lettera dello zoologo Adolf Bernhard Meyer pubblicata sulla medesima rivista:
Sullo stesso numero comparvero anche ulteriori informazioni riferite da Sidney Smith ad Alfred Walker:
La seconda lettera di Walker chiarisce quindi la sua prima, bizzarra missiva: Smith attribuì gli escrementi da lui rinvenuti in Papua a un rinoceronte perché a suo dire molto simili a quelli di quest’ultimo, che poté osservare poco tempo dopo, ma la presenza di un simile animale in queste terre sarebbe talmente improbabile da non potere essere presa in considerazione nemmeno a livello di ipotesi.
Eppure se quanto raccontato corrispondesse al vero, le fatte scoperte dall’equipaggio della Basilisk potrebbero collegarsi in qualche modo con la misteriosa presenza del “grande maiale” descritto a Meyer dai nativi?
Diversi anni dopo si ebbero in merito ulteriori sviluppi, tramandatici dal Capitano Charles A. W. Monckton, in due libri dedicati alla sua vita in Nuova Guinea. Nel primo di questi, Some Experience of a New Guinea Resident Magistrate, pubblicato nel 1920, è presente un accenno a uno strano animale, del quale però l’autore non riporta ulteriori dettagli nelle pagine successive dell’opera. Riferendosi a un nativo con il quale era entrato in ottimi rapporti di amicizia, Monckton scrive che:
Ulteriori informazioni furono infatti riportate nel suo secondo libro, pubblicato due anni dopo, con il titolo di Last Days in New Guinea. Monckton si trovava nella catena delle montagne Owen Stanley, nel sud est del Paese, quando un indigeno della spedizione di nome Ogi, mandato in avanscoperta, tornò dalla ricognizione dicendo di avere visto due esemplari di un animale che chiamò "devil pig", mentre stavano brucando dell’erba spostando via il muschio utilizzando il muso.
Erano lunghi circa 150 cm e alti poco più di un metro, con una coda come quella di un cavallo e i piedi fessi; la pelle era nera e presentava un motivo di segni. Possedevano un lungo muso dal quale emettevano suoni prolungati e acuti:
All’epoca Monckton aveva scritto una lettera a MacGregor per ottenere ulteriori chiarimenti in merito e quest’ultimo gli rispose (ben poco chiaramente) in una missiva datata 2 novembre 1906:
Il giorno successivo il Capitano e il suo gruppo si accamparono in prossimità del punto in cui Ogi aveva detto di avere visto gli strani animali. Furono ritrovate molte tracce fresche di una bestia dalle zampe fesse, ma nonostante tre notti intere passate in appostamento non si ebbero avvistamenti di devil pig.
Sul fatto che entrambe le testimonianze di Meyer e Monckton possano essere attribuibili al medesimo animale, sia quest’ultimo reale o leggendario, sembrerebbero esserci pochi dubbi: in ambedue i casi i testimoni hanno sottolineato una somiglianza con un grosso suide. La grande differenza di altezza riportata, 180 cm nel primo caso e poco più di un metro nel secondo, potrebbe essere spiegata dal fatto che questo animale, descritto come molto raro, fosse conosciuto dai locali perlopiù attraverso leggende e tradizioni orali piuttosto che da avvistamenti diretti, il che avrebbe potuto ingigantirne le dimensioni, “ritornate” in seguito zoologicamente più plausibili grazie al presunto avvistamento diretto da parte di Ogi.
Tuttavia il quadro generale sembra non lasciare troppe speranze a chi volesse cimentarsi nell’accostare questo misterioso animale a una creatura realmente esistente: la Papua Nuova Guinea è una terra di mammiferi marsupiali dove non sono conosciuti placentati autoctoni terrestri riconducibili a suidi e tapiri.
Poco dopo le prime dichiarazioni di Monckton circa il devil pig, accadde però un imprevisto che fu alla base di un enorme (in tutti i sensi) equivoco criptozoologico che purtroppo dura sino a oggi:
infatti un quotidiano stravolse completamente il suo resoconto, pubblicando una storia inventata di sana pianta, in seguito ripresa da altri organi di stampa, secondo la quale il coraggioso Capitano salvò un villaggio di pigmei dalla furia di un mostro alto 9 metri (!) in posizione eretta ed armato di micidiali artigli.

Sebbene frutto della più totale finzione, questo aneddoto incuriosì la fantasia di molti lettori, sino al punto che il paleontologo americano William D. Matthew arrivò a scrivere sulle pagine del San Francisco Examiner, che l’enorme animale misterioso della Nuova Guinea poteva essere un superstite dei diprotodontidi: grandi marsupiali simili a massicci vombati appartenenti ad un gruppo attualmente estinto dell’ordine dei diprotodonti (del quale fanno parte anche gli attuali koala e canguri) comparsi alla fine del Miocene e rappresentato da numerosi generi di taglia variabile da poco meno di un grosso cane (Ngapakaldia, Raemeotherium) sino alla stazza di un rinoceronte (Diprotodon).
Tra loro esisteva un gruppo alquanto particolare, quello dei Palorchestidi, che merita un maggiore approfondimento perché secondo alcuni ricercatori, "innescati" dalla precedente catena di equivoci, potrebbe essere la migliore identità del gazeka.
L’eminente esperto inglese di anatomia comparata Richard Owen istituì il genere Palorchestes nel 1873: ai tempi si possedeva soltanto la parte frontale superiore di un cranio e Owen, notando la somiglianza dei molari con quelli dei canguri, lo descrisse come “la più grande forma di canguro scoperta sino ad ora”. Questa identificazione mutò drasticamente nel 1958, quando in seguito alla scoperta di ulteriore materiale fossile, emersero nuove caratteristiche molto importanti, dagli esami delle quali si era stabilito che i Palorchestidi avevano un vago aspetto da tapiro, possedendo infatti una corta proboscide.
La moderna paleontologia li descrive come quadrupedi terrestri che abitava le zone boscose. Possedevano arti posteriori estremamente robusti tramite i quali potevano probabilmente rizzarsi su due zampe e formidabili artigli a forma di rasoi che gli permettevano di aprire varchi tra la vegetazione e di scavare alla ricerca di cibo (vedi immagine di copertina). La specie più grande, P. azael, raggiungeva le dimensioni di un bovino domestico.
In sintesi, ad esclusione dei piedi fessi descritti da Ogi (i Palorchestidi possedevano cinque dita), questo identikit parrebbe una perfetta descrizione del devil pig, ancora più sbalorditiva se consideriamo che gli indigeni Papua non potevano in alcun modo essere stati influenzati dalle conoscenze degli esploratori occidentali, in quanto il vero aspetto di questi animali fu stabilito solo in tempi molto recenti. Le testimonianze dei locali acquisiscono inoltre ulteriore interesse se si prende atto che resti fossili di diprotodontidi, ufficialmente estintisi appena 10.000 anni fa, sono stati ritrovati anche in Nuova Guinea.
E' curioso notare come l’ipotesi di sopravvivenza molto recente, se non addirittura attuale, di nuclei relitti di simili creature nelle zone inesplorate della Papua era stata presa in seria considerazione nel 1987 dai paleontologi Christine Janis e J.L. Menzies, in modo indipendente.
Le ipotesi di quest’ultimo sono particolarmente interessanti in quanto non direttamente collegate alle presunte tradizioni riguardanti il devil pig, del quale considerando il contenuto delle sue pubblicazioni, sembra non avere mai sentito parlare, quanto allo studio di una pietra scolpita ritrovata nel 1962 nella Valle di Ambun...

Nel 1965 il The Journal of Polynesian Society pubblicò un articolo riguardante un’interessante statuetta di pietra rinvenuta presso le highlands della Nuova Guinea. Il reperto era alto circa 20 cm e raffigurava una creatura dal corpo più o meno sferico e con le zampe anteriori e posteriori nell’atto di cingere la vita. Il collo è ben distinto ed è seguito da una testa stretta che si affusola direttamente in un muso allungato e incurvato verso il basso, terminante con larghe narici. Occhi e orecchie sono ben visibili.
Il proprietario del reperto, tale Philip Goldman, lo rinvenne nel 1962 presso una grotta nel territorio del clan degli Yambu, l’Ambun Valley. Lo scopritore non era un antropologo e così non raccolse nessuna informazione dai locali sulle origini della statuetta e su eventuali credenze e tradizioni ad essa collegate. Goldman suggeriva che potesse raffigurare un'echidna dal becco lungo appena da poco uscita dal guscio.
Le statuine preistoriche rinvenute in Nuova Guinea includono oltre venti uccelli e diverse figure antropomorfe, ma soltanto una di queste rappresenta un mammifero, interpretato come un cusco (Phalanger maculatus). La pietra di Ambun è così unica nel suo genere, anche perché caratterizzata da una notevole qualità estetica.
Nel 1984, in seguito al ritrovamento di numerose altre figure in pietra simili, il paleontologo J. L. Menzies scrisse un suo commento in merito sulle pagine di Science in New Guinea:

Nonostante questi diversi elementi possano apparire a prima vista alquanto intriganti, una loro analisi più approfondita rivela in realtà possibilità alquanto ridotte a favore dell’ipotesi di diprotodontidi sopravvissuti.
In secondo luogo racconti e testimonianze dei nativi sono talmente esigui e lontani nel tempo al punto da essere portati a chiedersi se la tradizione circa questo devil pig esista veramente.
Lo zoologo russo W. G. Heptner aveva avanzato questo dubbio già nel 1960, notando come nella monumentale opera di sei volumi sulla Nuova Guinea realizzata dal famoso etnologo, antropologo e biologo Nicholay Miklouho-Maclay, che aveva speso gran parte del suo tempo nella regione nello stesso periodo in cui Smith aveva collocato i suoi ritrovamenti di escrementi, non faccia accenno ad un simile animale, notando come fosse strano che i nativi non gliene avessero parlato.
Maggiormente indicative non sono inoltre le conclusioni di Menzies circa le somiglianze tra le statuette di Ambun e Palorchestidi:
innanzi tutto l’interpretazione di una forma d’arte necessita della conoscenza delle convenzioni espressive della cultura in cui l’opera in esame si colloca, e ancora poco ci è dato sapere delle pietre di Ambun, inoltre le ricostruzioni paleontologiche delle parti molli di un animale estinto possono risultare alquanto variabili da autore ad autore.

Nella fattispecie la testa della statuetta presa in esame da Menzies è meno simile a quella di un Palorchestide quando messa a confronto con le ricostruzioni di più disegnatori. Non dobbiamo inoltre mai dimenticare come le ricostruzioni paleontologiche evolvono continuamente in base alle nuove scoperte. Ad esempio per quanto riguarda il genere Palorchestes, l'appendice simile alla proboscide del tapiro è stata fortemente ridimensionata (immagine a sinistra)
L’ipotesi di un’echidna appena uscita dall’uovo, o di un adulto realizzato senza spine vista l’oggettiva impossibilità di riprodurle su pietra, rimangono quindi dal mio punto di vista le interpretazioni più attendibili riguardo a questa misteriosa statuetta.
Per quanto concerne l’identità del misterioso devil pig, visti i pochissimi elementi a nostra disposizione, ogni speculazione sarebbe soltanto un’inutile esercizio di stile, ma è sicuramente surreale, ammesso che Monckton abbia riportato il vero, pensare che in questo momento la zanna di questo animale potrebbe essere ancora conservata in una zona imprecisata dell’Inghilterra all’insaputa di tutti...
ANONIMO (1965), A remarkable stone figure from the New Guinea Highlands. Journal of the Polynesian Society 74: 78-79.
MENZIES, James I. (1987), Reflections on the Ambun Stones. Science in New Guinea 13: 170-173.
MEYER, Adolf Bernhard (1875), The rhinoceros in New Guinea. Nature 11: 268.
MONCKTON, A. W.
(1920), Some experiences of a New Guinea Resident Magistrate. John Lane. London.
(1922), Last days in Nwe Guinea. John Lane. London.
WALKER, Alfred O. (1875), The rhinoceros in New Guinea. Nature 11: 248-268.
(1) Nel 1905 l’attore comico inglese George Graves ideò una sorta di mostro, chiamato Gazeka, per introdurlo all’interno della storia del musical The Little Michus. Stando alla definizione del suo creatore, il Gazeka era un animale scoperto da un esploratore che si portava appresso una cassa di whiskey durante i suoi viaggi.