![](https://www.criptozoo.com/sites/default/files/styles/medium/public/copertine/marozi.jpg?itok=N1u9FqC0)
Marozi, il leone maculato del Kenya
![Ritratto di lorenzorossi](https://www.criptozoo.com/sites/default/files/styles/thumbnail/public/pictures/picture-49-1526650489.jpg?itok=aRW-OiXw)
Il termine "cripto-estinzione" (1), indica la scomparsa in epoca storica di una specie, prima della sua scoperta e descrizione scientifica formale. Si tratta di un fenomeno, che se pure quantitativamente non misurabile, è verosimilmente esteso, considerando l'elevato stato di rischio di molte delle nuove specie scoperte negli ultimi anni e il fenomeno della perdita degli habitat.
Tra queste specie scomparse senza lasciare traccia, potrebbe esserci anche un grande felide africano?
Stando al The Times del 15 aprile 1908, lo showman J. D. Hamlyn, esibì a Londra un misterioso “leone maculato congolese”:
![Illustrazione d'epoca del “leone maculato del Congo”](https://www.criptozoo.com/sites/default/files/immagini/lijagulep-1908.jpg)
Tre giorni dopo Reginald Pocock, Sovrintendente dello Zoo di Londra dal 1904 al 1923, inviò una lettera al The Field, contenente le sue considerazioni sul bizzarro animale:
![Un leopone: un ibrido tra un leopardo e una leonessa.](https://www.criptozoo.com/sites/default/files/immagini/leopon.jpg)
Questo curioso preambolo, unito alle conclusioni di Pocock, è la migliore presentazione possibile al caso criptozoologico del misterioso felide maculato conosciuto in Kenya con il nome di marozi. Infatti per spiegarne i presunti avvistamenti, anche in questo caso si ricorse alla possibilità dell’esistenza di una nuova specie o a ibridi tra leoni e leopardi.
Nel 1935, all’interno del Rapporto Annuale del Servizio di Caccia della Colonia del Protettorato del Kenya del periodo 1932 - 1934, a firma dell’ispettore A. T. A. Ritchie, l’autore riportò quanto segue:
![Pelle di un presunto marozi abbattuto da Michael Trent presso i Monti Aberdare](https://www.criptozoo.com/sites/default/files/immagini/pelle-marozi.jpg)
Il cacciatore professionista Kenneth C. Gandar-Dower iniziò ad appassionarsi al caso nel 1935, dopo avere personalmente esaminato le due pelli in questione:
Il 23 febbraio dello stesso anno, pubblicò per The Field un resoconto di una sua spedizione in Kenya nel tentativo di risolvere il mistero di questi bizzarri leoni maculati. Nell’articolo era riportato l’avvistamento del Capitano Dent, Ispettore di Caccia e di Pesca, che disse di avere osservato a 3.600 metri, presso la sorgente del fiume Kathita sul monte Kenya, quattro leoni nell’atto di attraversare il sentiero. I felidi gli erano sembrati più piccoli e più scuri rispetto ai leoni di savana, ma non gli fu possibile avvicinarsi per capire se il loro aspetto insolito fosse dovuto a un effetto ottico.
L’articolo di Gandar-Dower ebbe successo tra i lettori e nel numero del 16 marzo della stessa rivista, apparve una lettera firmata da A. M. Mackenzie, che riportava che:
L’autore specificava inoltre che questi animali venivano sempre avvistati sui monti, a 2.100 - 2.400 metri.
Il 6 luglio dell’anno seguente Gandar-Dower scrisse un altro articolo, convintosi, dopo lunghe ricerche sul campo, della reale esistenza del felide come entità zoologica ben definita:
Pur mantenendo un certo scetticismo in merito, Pocock spezzò un a lancia a favore di questa possibilità:
Un altro aneddoto curioso, che sembra corroborare il fatto che questi felidi siano soliti spostarsi in coppia, proviene dal Maggiore W. R. Foran:
Qualunque sia la spiegazione alla base delle credenze dell’esistenza del marozi da parte dei nativi del Kenya, non esistono più informazioni su questo animale dalla fine degli anni ‘30 del Novecento.
Secondo Bernard Heuvelmans, il “padre” della criptozoologia, che non si tirava di certo indietro all’eventualità di battezzare possibili nuove specie animali, le varie corroboranti descrizioni di felidi di alta montagna dal manto più scuro di quello dei leoni di savana e maculato, potevano indicare l’esistenza di una sottospecie di leone per la quale propose il nome di Panthera leo maculatus.
Una seconda interpretazione è che possa essersi trattato di ibridi in natura tra leoni e leopardi, ma l’ipotesi appare improbabile. Infatti il primo ibrido di questo tipo di cui esiste documentazione, nacque nel 1959 presso lo zoo giapponese di Nishinomiya da un maschio di leopardo e da una leonessa. Eppure le caratteristiche fisiche dei leoponi sono incredibilmente simili a quelle che i testimoni attribuivano al marozi: dimensioni inferiori a quelle di un leone, notevole maculatura, arti tozzi e criniera appena abbozzata.
Ma come già precedentemente accennato circa il caso dell’onza messicana, un’ibridazione in natura tra grandi felidi sarebbe praticamente impossibile. Le differenze etologiche che intercorrono tra le diverse specie sono infatti troppo incisive. Queste ibridazioni inoltre, sarebbero dovute essere talmente numerose per spiegare i diversi avvistamenti, da rasentare nella maniera più assoluta l’impossibilità statistica.
L’ultima ipotesi è che in realtà i marozi non fossero altro che individui "aberranti" di leoni, che avevano mantenuto una forte maculazione anche in età adulta, sebbene, volendo ritenere valide le diverse testimonianze riportate, anche in questo caso può sembrare strano che tali anomalie fossero comuni sia nei maschi che nelle femmine che furono abbattuti insieme, senza contare la presunta frequentazione delle fitte foreste dei Monti Aberdere, un ambiente veramente insolito per dei leoni ordinari.
Eppure l’eventualità di nuova specie di panterino (6), ora estinta, abitatrice delle foreste dei monti Kenya, Rwenzory e Kilimangiaro, potrebbe non essere un’evenienza impossibile.
Analoghe situazioni con specie simili, imparentate, ma ben distinte, esistono anche in Sud America, dove molte specie maculate di diverse dimensioni, dal giaguaro all’oncilla (Leopardus tigrinus), possiedono una propria nicchia e vivono spesso ad altitudini diversificate.
Un esame del DNA delle pelli e crani attribuiti al marozi, potrebbe quindi rivelare sorprese inaspettate.
![giovane leone maschio che presenta tracce della maculatura tipica dei cuccioli della scpecie](https://www.criptozoo.com/sites/default/files/immagini/spotted-lion.jpg)
(1) Questo termine è stato introdotto in letteratura da Giam e collaboratori nel 2012.
(2) In seguito si scoprì che l'animale in questione era un incrocio tra una femmina ibrida di giaguaro e leopardo, con un leone maschio. Gli ibridi femmina di felidi spesso risultano essere fertili. L’animale era chiaramente il frutto di incroci ottenuti in cattività.
(3) Città del Kenya situata a 40 km a est di Nakuru.
(4) Gandar-Dower giungeva a questa conclusione basandosi sul fatto che apparentemente, tali impronte erano più grandi di quelle di un leopardo e più piccole di quelle di un leone. Tale interpretazione risulta quindi piuttosto opinabile.
(5) Rowland Ward (1848–1912) è considerato il padre della tassidermia moderna.
(6) I panterini sono una sottofamiglia di felidi che comprende leopardi, giaguari, tigri e leoni.
GANDAR-DOWER, Kenneth C.
(1935), A spotted lion? Mr Gander (sic) Dower’s expedition to the Aberdares. The Field 165, p. 388. London.
(1935), In quest of the spotted lion. The needle in the Aberdares haystack. The Field 166, p. 21. London.
(1936), The quest of the spotted lion. The Listener 16, pp. 459-462. London.
(1937), The Spotted Lion. William Heinemam. London-Toronto.
POCOCK, Reginald
(1937), Note on the spotted lion of the Aberdares. In K.C. Gandar-Dower: The spotted Lion. pp. 317-321.