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Il mistero del "serpegatto"

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il "serpegatto", misteriosa creatura delle valli ossolane, secondo un testimone
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Il mistero del "serpegatto"

un bizzarro reperto dalle valli ossolane
Ritratto di lorenzorossi di Lorenzo Rossi - Mar, 07/05/2013 - 09:28Qui si parla di
il "serpegatto", misteriosa creatura delle valli ossolane, secondo un testimone

Prima della diffusione in larga scala di internet, con la possibilità annessa di acquistare volumi e pubblicazioni da tutto il mondo, se si era dei ragazzi l'unico modo per cercare di ottenere informazioni relative alla criptozoologia nel nostro Paese non era né agevole né economico: passare giornate a spulciare nelle edicole e nelle librerie riviste e volumi che potessero avere al loro interno qualche accenno sull'argomento. Di norma queste pubblicazioni erano quanto di più lontano dal concetto di "rigoroso" si possa immaginare, tanto che (e spesso con un velo di imbarazzo) scrutare le pagine de Il Giornale dei Misteri o di vari ed eventuali "Atlanti del Paranormale" era divenuta per me una prassi consolidata.

Fu così che nel 1996 la mia attenzione fu attirata da un libro di recente pubblicazione: Guida ai luoghi misteriosi d'Italia di Umberto Cordier. Sfogliando le pagine non tardai molto ad imbattermi in qualcosa che sembrava essere interessante, una scheda intitolata I misteriosi rettili delle valli ossolane. All'epoca una cosa del genere era per me più che sufficiente a giustificare l'acquisto di un libro e così, una volta giunto a casa, appresi dell'incredibile avventura accaduta al signor Giuseppe Costale, dirigente del CAI di Domodossola...

Nel 1990 due escursionisti avevano rinvenuto sotto l'Alpe Lusentino un mucchietto di strane (Cordier utilizza questo aggettivo) ossa animali e Costale, informato dell'accaduto, si era recato sul luogo per raccogliere questi resti. Giunto a casa aveva tentato di ricomporre le ossa e ne era risultato 

[lo scheletro di un] animale sconosciuto, lungo circa 70 cm, con l'apparenza di un rettile
Cordier, 1996

Il 2 ottobre dell'anno seguente, Costale si trovava alle pendici del Pizzo Cronia alla ricerca di funghi, quando si imbatté in una bestia mai vista prima: sembrava un rettile lungo 70 cm che si muoveva zigzagando velocemente. Aveva fianchi grigi e dorso scuro, sembrava possedere una sorta di criniera sulla testa e gli occhi erano "umani". Ripresosi dallo stupore, scoprì che non lontano dal punto in cui aveva visto la bestia giacevano altre ossa, che una volta raccolte e disposte si rivelarono in tutto simili a quelle rinvenute l'anno precedente.

Cordier terminava la trattazione di questo curioso caso informando il lettore del fatto che

i reperti sono stati mostrati alla Facoltà di Veterinaria dell'Università di Milano, e al Museo di Scienze Naturali di Milano, con risultati non ancora conclusivi
Cordier, 1996

Nel 1998, raggiunta la maggiore età e il conseguimento della patente, decisi che era giunto il momento di visionare di persona questi incredibili reperti e cercai di contattare Giuseppe Costale. Venni però a sapere che purtroppo era recentemente scomparso e che i famigliari avevano cambiato abitazione, senza però riuscire a risalire al nuovo indirizzo. Scrissi così a Cordier, il quale non seppe darmi nessun tipo di informazione in merito (in verità non aveva mai nemmeno visto le ossa di persona, limitandosi a riassumere i contenuti di qualche articolo di cronaca locale) e così le mie velleità di giovane criptozoologo rampante furono stroncate sul nascere.

Inaspettatamente però, gli scheletri di Costale tornarono a incrociare la mia strada nel 2004, quando il documentarista Massimiliano Sbrolla mi contattò per chiedermi qualche informazione in merito alla realizzazione di un documentario sulle creature del folklore appenninico. Sbrolla era riuscito a risalire alla nuova abitazione della famiglia di Costale, che aveva conservato i suoi cimeli naturalistici, dandogli il permesso di filmarli. Durante un successivo incontro a Cesena potei così finalmente vedere per la prima volta questi "leggendari" reperti sui quali in gioventù avevo tanto fantasticato...

Ma la realtà, come spesso accade, si rivelò essere una doccia fredda. Gli scheletri non appartenevano a dei rettili, ma a dei mammiferi e i loro crani non erano affatto dei crani, ma dei bacini...

Giuseppe Costale con gli scheletri del "serpegatto"

Nonostante tutto, poco dopo mi recai personalmente a far visita alla famiglia Costale, i cui membri con estrema gentilezza mi permisero di esaminare e fotografare tutto il materiale inerente al caso. Venni anche a sapere che nella zona erano piuttosto diffuse le voci riguardanti uno strano animale chiamato "serpegatto", o in dialetto, sarpent gat, che mi fu descritto come una sorta di serpente baffuto amante dell'acqua che si sposta sulla terraferma compiendo dei balzi. Secondo Costale l'animale da lui osservato nel 1991 (il cui schizzo, realizzato dallo stesso testimone, appare nella copertina di questo articolo) e le ossa da lui raccolte erano proprio riconducibili a queste leggende.

Successivamente, rovistando tra le ossa raccolte (non tutte erano state montate sulle assi di legno come mostra la fotografia), mi imbattei in un artiglio alquanto chiarificatore per capire a quale mammifero appartenevano quei resti:

si trattava con ogni evidenza dell'artiglio di un gatto.

Insomma, più che un "serpegatto", un vero e proprio "gattogatto".
Inoltre per una serie di coincidenze, poco dopo mi trovai ad assistere ad una conferenza sulle leggende riguardanti i rettili, tenuta da Stefano Scali del Museo Civico di Storia Naturale di Milano. Durante la presentazione il relatore parlò anche degli scheletri di Costale dicendo chiaramente che si trattava di ossa di mammifero. I "risultati non ancora conclusivi" in merito alle analisi citati da Cordier, si rivelarono così essere  un'inesattezza.

Una foto inaspettata

Le sorprese però non sono ancora finite. Diversi giorni fa, anche se indirettamente, il "serpegatto" ha incrociato di nuovo la mia strada...
Mauro Romano ha infatti aperto una discussione sul gruppo facebook Scubabiology in merito a una foto d'epoca di un pescatore di Varazze (Liguria), inviatagli da un'associazione per il recupero della memoria della città. L'immagine ritraeva un signore con in mano un'asse di legno sulla quale era poggiato un bizzarro scheletro dallo strano "cranio". La fotografia mi diede subito una sensazione di "già visto", e basterà guardarla per capirne il motivo.

Un "serpegatto" ante litteram mostrato da un anonimo pescatore di Varazze

Fu scattata da un noto fotografo varazzino di nome Sandro Contini, deceduto negli anni Settanta del secolo scorso. Quest'immagine precede così di parecchi anni gli scheletri di Costale e rimane la curiosità di sapere se si tratti di due episodi indipendenti, se in passato quella di assemblare scheletri in questo modo fosse stata una pratica "diffusa", o se in qualche modo è esistito un legame tra Costale e l'anonimo pescatore.

Il "vero" serpegatto

A scapito di tutto ciò il folklore relativo a serpegatti e serpenti baffuti acquatici, diffuso lungo tutto l'arco appenninico, rimane molto interessante. La maggior parte di queste leggende è infatti stanziata nelle aree in cui un tempo un animale davvero simile alle descrizioni della tradizione popolare era realmente presente (mentre ora è scomparso o divenuto rarissimo) in carne e ossa. Non si tratta però né di un gatto, né di un serpente, ma di un mustelide ben noto: la lontra. Nonostante sembri strano che la lontra possa avere dato vita a leggende riguardanti un animale sconosciuto, le testimonianze e i ricordi dei locali sono piuttosto indicative.  

In alcune zone dell'Italia meridionale esistono ad esempio racconti riguardanti "serpenti baffuti", secondo gli informatori presenti fin verso la fine degli anni '70 del novecento nei pressi di diversi fiumi e torrenti. 

Vivevano nei pressi dell'acqua, erano lunghi circa 1 metro e di colore bruno-scuro. Possedevano una grossa testa con spessi e lunghi baffi ai lati del muso; il corpo era liscio e lucido e la coda terminava in modo un po' ottuso, come quella delle vipere. Scavavano tane in prossimità dell'acqua e nuotavano in modo sinuoso. Se disturbati emettevano forti soffi e sibili ed erano stati osservati sulla terraferma intenti a procedere a balzi verso l'acqua. 

 

In effetti, se osservata in acqua (foto a sinistra), una lontra può ricordare vagamente una sorta di incrocio tra un serpente e un mammifero: il corpo sinuoso che si muove ondulando, la pelle apparentemente nera e liscia dovuta all'effetto del pelo bagnato e una testa simile a quella di un gatto, con tanto di baffi. Anche lo schizzo tracciato da Costale, sotto certi aspetti, può ricordare una lontra. Rimane da vedere se quel disegno rappresenti davvero un animale osservato in natura, quanto non piuttosto un serpegatto così come è descritto dalla tradizione.