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Waitoreke, la "lontra" della Nuova Zelanda

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Resti fossili di Steropodon galmani. il più antico monotremo australiano. Può un suo antenato avere vissuto in Nuova Zelanda sino in tempi recenti?
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Waitoreke, la "lontra" della Nuova Zelanda

la storia naturale di un "animale impossibile"
Ritratto di lorenzorossi di Lorenzo Rossi - Ven, 16/06/2017 - 11:34Qui si parla di
Resti fossili di Steropodon galmani. il più antico monotremo australiano. Può un suo antenato avere vissuto in Nuova Zelanda sino in tempi recenti?

Nonostante le esigue dimensioni e le presunte caratteristiche biologiche ed etologiche nient’affatto inverosimili, la passata esistenza del waitoreke della Nuova Zelanda, che da metà del 1800 ha rappresentato un curioso enigma per gli zoologi, si rivelerebbe davvero straordinaria. 

E' però probabile che in pochi abbiate sentito parlare di questo animale prima d'ora, ed è quindi doveroso aprire prima una parentesi. 

Prima dell’avvento dei coloni europei sull’isola, i soli mammiferi ufficialmente presenti erano rappresentati da leoni di mare, pipistrelli e ratti (questi ultimi giunti verosimilmente assieme alle prime popolazioni umane). La ragione di questa mancanza, sia nel presente che allo stato fossile, era spiegata con il fatto che circa 70 milioni di anni fa, molto prima che gli antenati degli attuali marsupiali cominciassero a diffondersi in Australia, il collegamento di terra tra quest’ultima e la Nuova Zelanda cessò di esistere, rendendola un territorio privo di mammiferi terrestri autoctoni.

Successive e inaspettate scoperte hanno in seguito smentito questa teoria, ma prima di giungere a esse sarà necessario illustrare le varie fasi della “storia naturale del waitoreke”, contestualizzandole all’interno delle conoscenze scientifiche delle varie epoche attraverso le quali si sono dipanate.

Un mammifero enigmatico

Le voci riguardanti l’esistenza di un mammifero autoctono in Nuova Zelanda furono causa di accesi dibattiti nel mondo accademico sin da prima del 1900, tanto che il celebre Charles Darwin ebbe a dire che se un giorno questo animale fosse stato scoperto, sarebbe potuto risultare essere qualcosa di simile all’uccello di Solnhofen (1).
In epoca moderna l’interesse nei confronti del misterioso animale si riaccese grazie alle pubblicazioni del precursore della criptozoologia, lo zoologo tedesco Ingo Krumbiegel, nel 1950 e di Bernard Heuvelmans nel 1958.
I loro articoli incuriosirono J. S. Watson, della sezione di ecologia animale del Dipartimento di Ricerche Scientifiche e Industriali della Nuova Zelanda, che decise di prendere in esame tutti i possibili avvistamenti e riferimenti riguardanti questa creatura risalenti a prima del 1860. Stando all’autore infatti, le introduzioni deliberate di specie alloctone nel paese erano avvenute dopo questa data, prima della quale gli unici mammiferi presenti sull’isola erano ratti, cani e probabilmente qualche gatto che viveva nei pressi dei primi insediamenti.

Dal misterioso quadrupede del capitano Cook alla lontra di Pollock

Il primo accenno bibliografico circa la presenza di un mammifero autoctono sul territorio proviene dal celebre capitano James Cook, esploratore, navigatore e cartografo inglese, che annovera tra le sue molteplici imprese la prima circumnavigazione ufficiale della Nuova Zelanda. All’interno del suo resoconto del soggiorno a Dusky Sand, fiordo che si trova nell’angolo di sud ovest dell’isola, viene riportato quanto segue:

...dopo avere pulito il sottobosco per allestire l’accampamento, un animale quadrupede fu visto da tre o quattro dei nostri uomini, ma dato che nessuno di loro ne diede la stessa descrizione, non saprei dire di che cosa si trattasse. Tutti comunque erano concordi nell’affermare che aveva all’incirca le dimensioni di un gatto, zampe corte e un colore da topo. Uno dei marinai, quello che lo vide dalla posizione migliore, disse che aveva una coda folta e che somigliava a uno sciacallo più di qualunque altro animale conoscesse. La congettura più probabile è che si trattasse di una nuova specie. Può essere che, noi ne siamo certi, questo Paese non sia così povero di mammiferi come un tempo si pensava

D. Monro, racconta invece che nella sua spedizione avvenuta nel 1844:

Giunti nella Baia di Moulyneux sentimmo un sacco di notizie riguardo ad animali che si diceva essere castori, che vivevano nei laghi alla fonte del Molyneux River. Così molte persone ce ne parlarono e un nativo molto intelligente che camminava con noi, e ci aveva detto di averli visti, ci descrisse il loro modo di nuotare, di immergersi e di costruire tane sulla riva, in modo così dettagliato che era davvero impossibile dubitare che non ci fossero dei fondamenti nella sua storia

Quattro anni dopo, nel 1848, Walter Mantell, scopritore dei fossili di moa (2) e fondatore del New Zealand Institute, ascoltò storie simili dai Maori, che così riportò in una lettera indirizzata al padre:

A circa 10 miglia nell’interno... c’è un lago dove si dice esiste un mammifero terrestre autoctono, chiamato kaurehe... Il kaurehe è l’unico mammifero indigeno, assieme a una specie di ratto, su cui ci sono ragionevoli prove per credere che fosse conosciuto dai Maori prima dell’avvento degli europei
L'ornitorinco, mammifero monotremo dell'Australia

Mantell riteneva che le descrizioni dei nativi, sebbene talvolta fantasiose, sembravano basarsi su fatti reali. Un capotribù di nome Maopo lo informò del fatto che il kaurehe deponeva uova grandi come quelle di un’oca, particolare che secondo lo scienziato poteva fare pensare a un ornitorinco (Ornithorhynchus anatinus). Venne inoltre a conoscenza di un fatto piuttosto curioso: gli antenati dei Maori li utilizzavano come animali da compagnia, ma quando riuscivano a fuggire dalla cattività, cosa che spesso accadeva, ritornavano sempre nel luogo in cui erano stati catturati. Apprese inoltre che sembravano esistere due varietà dell’animale, uno terrestre e uno anfibio.

Un nativo di nome Tarawata gli fornì una descrizione più dettagliata, informandolo che era lungo circa 60 cm dal naso alla radice della coda, dotato di un pelo grigio, corte zampe robuste, coda folta e testa a metà strada tra quella di un cane e di un gatto. Viveva in buche nel terreno e il cibo della varietà terrestre era rappresentato da lucertole, mentre quella acquatica si nutriva di pesce. Stando al testimone questi animali non deponevano uova. Pensando a un marsupiale, chiese se l’animale possedesse una sacca addominale, ma la risposta fu negativa. In base alle descrizioni ritenne infine che il waitoreke doveva somigliare maggiormente a una lontra piuttosto che a un castoro, come molti avevano riportato.

Nel suo resoconto sulla Nuova Zelanda del 1848, Richard Taylor riferisce che un uomo di Otaki (sud di North Island) asseriva di avere visto ripetutamente un animale presso Middle Island, vicino a Dusky Bay, sulla costa sud ovest, che lui chiamava “ratto muschiato” per via del forte odore che emanava. Disse inoltre che la sua coda era grossa e somigliava al frutto maturo del kieke (Freycinetia banksii), che non è troppo dissimile per forma alla coda di un castoro.  Questa descrizione fu corroborata da quella di un nativo, che riferendosi all’animale lo descrisse come lungo più del doppio di un ratto e avente una grande coda piatta.
Un uomo di nome Tom Crib, che aveva lavorato come baleniere e marinaio nelle vicinanze di Dusky Bay per più di 25 anni, gli riferì di non avere mai visto personalmente il waitoreke, ma di avere osservato diverse volte le sue tane aventi due entrate: una sopra e una sotto all’argine del fiume.

Il geologo Julius Haast, che nel 1858 viaggiò in Nuova Zelanda per verificarne l’idoneità come possibile colonia tedesca, in una lettera del 6 giugno 1861 riportò di avere osservato presso l’Ashburton River superiore (Canterbury, South Island), in una “regione mai calpestata dall’uomo”, impronte simili a quelle della lontra europea, ma leggermente più piccole. Inoltre mentre era accampato presso il lago Rotoiti, alcuni animali cercarono di sottrarre circa 10 kg di anguille lasciate appese alle lenze.
Haast riferì la diceria locale secondo cui il lago era abitato da un animale simile al castoro e si chiedeva se potesse essere stato il responsabile dell’incidente delle anguille. Non riuscì però a rinvenire nessun indice di presenza.

Diversi anni dopo, il 14 giugno 1868, Mantell aggiornava il padre circa i nuovi sviluppi riguardanti la misteriosa “lontra”:

La pelle del kaurehe, piuttosto porzioni di pelle, ha fatto alla fine la sua comparsa. Ci sono soltanto la testa, parti della schiena e una zampa anteriore. L’uomo che uccise l’animale lo trovò... presso la riva del Selwyn bloccato dai suoi cani. Lo colpì alla testa, lo scotennò... e ne gettò il corpo, testa inclusa, ai maiali, inchiodandone la pelle a un muro di legno, ma non abbastanza in alto per impedire che venisse strappata dai cani. La pelle è di colore marrone chiaro e ha puntini bianchi. L’abbiamo comparata con quella del gatto (3) autoctono australiano e trovato qualche somiglianza, così che il pensiero stesso suggerisce la possibilità che possa trattarsi di un animale portato dall’Australia e poi fuggito

Watson fa notare come nel 1868 la Canterbury Acclimatization Society avesse liberato due “gatti marsupiali” (vedi nota 3) e quindi la pelle descritta da Mantell poteva appartenere a uno di questi.

Dieci anni dopo, G. A. Pollock pubblicò un compendio al lavoro di Wallace sulle pagine dei Proceedings of the New Zealand Ecological Society, a cui quattro anni più tardi fece seguito un’appendice.
Le sue conclusioni erano piuttosto bizzarre: il waitoreke era una specie asiatica di lontra introdotta sull’isola circa cinquecento anni prima da marinai naufragati o da pescatori provenienti dal sud est asiatico. L’approccio di Pollock fu quello di ritenere valide tutte le descrizioni citate da Wilson che potessero essere compatibili con la morfologia ed etologia di una lontra, scartando i restanti elementi. Ad esempio a suo modo di vedere, il capotribù Maopo aveva confuso il waitoreke con il tuatara nel riportare il fatto che deponeva delle uova.
Nell’articolo successivo elencava invece un’interessante serie di testimonianze, diverse delle quali da lui raccolte e indagate in prima persona.

All’inizio del 1971 P. J. A. Bradley, un residente di Timaru ottimo conoscitore della fauna neozelandese, si trovava a caccia di cervi nei boschi in prossimità dell’Hollyford river, sotto la confluenza del fiume Pyke. Quando si fece troppo buio per continuare gli appostamenti osservò per circa 15 minuti un animale risalire l’argine per poi scivolare verso il basso, come se giocasse.
Lo descrisse come avente una coda molto spessa e affusolata, zampe corte e robuste, pelo marrone scuro, apparentemente corto e liscio, e una testa piccola in proporzione al corpo, senza collo e orecchie visibili. La lunghezza totale era di circa 95 cm.
Il 26 aprile dello stesso anno Horace Sinclair e Ian Bruce, mentre esploravano un’estesa palude ubicata tra i laghi Waipori e Waihola, rinvennero numerose impronte, della taglia di una scatola di fiammiferi, in cui la membrana interdigitale tipica dei mammiferi acquatici, era ben visibile. Furono anche rinvenuti dei tunnel, che Pollock andò a esaminare di persona:

Uno dei tunnel fu presto trovato; scendeva verso l’argine attraverso un giunco di proporzioni gigantesche e scostando le canne per ispezionarlo scoprii che conduceva sotto l’argine fuori dalla vista; in un punto era stato allargato da uno scavo. Circa un metro più avanti scostai di nuovo le canne, questa volta dal lato inferiore, scoprendo una camera ben definita lunga circa mezzo metro... Era troppo grande per essere una tana di ratto e a ogni modo non vi era traccia dell’erba secca che solitamente i ratti utilizzano per foderare i loro rifugi. Immediatamente sopra alla camera, un altro, ma meno utilizzato tunnel, conduceva verticalmente sulla cima dell’argine: probabilmente un’uscita di sicurezza. Il complesso aveva tutte le caratteristiche di una tana di lontra ed è difficile immaginare un’altra creatura in grado di averlo realizzato in tutti i dettagli
La questione linguistica

l ricercatore indipendente John Becker, che diversi anni più tardi, nel 1985, pubblicò sulle pagine di Cryptozoology un articolo dedicato all’etimologia delle parole waitoreke e kaureke.

Per quanto concerne il primo vocabolo, le sue conclusioni furono che le radici wai, waito e waitu, includevano tantissimi significati, non soltanto, come sino ad allora si credeva, limitati all’elemento acqua, mentre alla radice aito erano associati significati a sfondo spirituale, magico e mitologico. Kaurehe offrirebbe invece interpretazioni alterne, sia associate all’atto di nuotare, che agli antenati. Le conclusioni di Becker erano che si trattava di nomi utilizzati per delineare animali puramente mitici.

Questo lavoro attirò l’attenzione dell’antropologo linguista John Colarusso, che realizzò a sua volta un articolo in merito alla faccenda, pubblicato tre anni dopo sulla stessa rivista. Passando allo spoglio una mole impressionante di dati e di denominazioni, giunse alla conclusione che i termini più corretti con cui è chiamato il misterioso animale erano waito-reke e kau-reke. Le sue conclusioni indicavano che il primo termine significava “dotato di sperone e capace di scomparire affondando”, mentre il secondo “molto spinoso”.

Se queste considerazioni fossero corrette, l’accostamento a due ben noti animali come ornitorinco (che oltre a condurre una vita acquatica possiede, negli esemplari maschi, uno sperone cavo in ogni zampa posteriore, con il quale può inoculare un veleno alquanto potente) ed echidna (Tachyglossus aculeatus), insettivoro monotremo dal corpo ricoperto di aculei alla stregua dei ricci, sembrerebbe collimare alla perfezione. 

Ma i nativi come potevano conoscere questi animali o dei loro lontani parenti? 

 

Nuove risposte dalla paleontologia

Nello stesso anno in cui Colarusso pubblicò il suo articolo, Gunter G. Sehm dall’Università di Amburgo celebrò in un articolo dedicato a Ingo Krumbiegel un’importante scoperta paleontologica avvenuta tre anni prima: il ritrovamento di un mammifero australiano risalente al Mesozoico, nella fattispecie un antenato dell’ornitorinco, a cui venne dato il nome di Steropodon galmani, che testimoniava come i monotremi apparvero nel continente quando quest’ultimo era ancora unito alla Nuova Zelanda, rendendo così di fatto teoricamente possibile una loro ipotetica presenza anche sull’isola.

Le sorprese però non terminarono qui, infatti nel 2006 Trevor Worthy dell’Università di Adelaide, rese nota la scoperta del primo mammifero fossile autoctono della Nuova Zelanda. Delle dimensioni di un topo, la morfologia delle ossa suggeriva che si trattasse di un mammifero molto primitivo, estintosi circa 16 milioni di anni fa ed evolutosi prima della separazione dei mammiferi in marsupiali e placentati, avvenuta 125 milioni di anni fa.

Più precisamente, in base all’analisi filogenetica di Worthy et al. questo fossile sarebbe disceso dai Morganucodonti, un ordine precedente alla separazione dei Monotremi e dei Theriformii (Placentati e Marsupiali) e addirittura precedente alla separazione tra i Mammiferi moderni (Mammalia) e Docodonti, ordine strettamente imparentato con i mammiferi, i cui esponenti sono vissuti soprattutto nel corso del Giurassico (190 – 140 milioni di anni fa).

Tutto ciò ha sicuramente reso meno implausibile l'esistenza fino a tempi recenti di un mammifero autoctono neozelandese, ma senza prove concrete, la sola plausibilità non basta.

Alfred Wallace, il geniale teorizzatore delle ecozone terrestri, nel 1888 ebbe a dire circa il waitoreke

Bisogna sperare che a questa creatura non sarà permesso di estinguersi senza avere compiuto un deciso sforzo per ottenerne esemplari e per studiare la sua struttura e la sua parentela con gli altri animali

Ma purtroppo questo auspicio non ha potuto concretizzarsi, e la "lontra" della Nuova Zelanda è destinata rimanere in quell'amaro confine situato tra zoologia e leggenda.

Note

(1) Si tratta dell’Archaeopteryx lithographica, inizialmente considerato come l’anello di congiunzione tra rettili e uccelli.

(2) I moa erano grandi uccelli della Nuova Zelanda imparentati con gli Struzzi e consistevano in una decina di specie diverse le cui dimensioni variavano da quelle di un grosso tacchino (Megalapterix didinus), a quasi 4 metri di altezza (Dinornis novaezelandiae).

(3) Si tratta del quoll tigrato (Dasyurus maculatus), marsupiale carnivoro australiano conosciuto anche con il nome di dasiuro.

 

Bibliografia essenziale

BECKER, John (1985), Towards an etimology of Maori waitoreke. Cryptozoology, Vol 4: 28-36.
COLARUSSO, John (1988), Waitoreke, the New Zealand “Otter”: A Linguistic Solution to a Cryptozooological Problem. Cryptozoology, Vol. 7: 46-60.
CONROY, Jim (2006), The otter in New Zealand - Did such an animal exist? IUCN Otter Specialist Group Bulletin vol. 23, issue 1:3-4.
KRUMBIEGEL, Ingo (1950), Das “Witoreki”, ein angblich neues sauget ier von Neuseeland. Z. Saugetierk. Berlin.
POLLOCK, G. A. (1970), The south island otter - a reassessment. Proc. of the New Zealand Ecological Society Vol. 17:129-135.
                         (1974), The South Island otter - an addendum. Proc. of the New Zealand Ecological Society Vol. 21: 57-61.
SEHM, Gunter G. (1988), The waitoreki of New Zealand - marsupial or monotreme? Tuatara vol.30, Issue 1: 62-65.
WATSON, J. S. (1960), The New Zealand ‘otter’. Records of the Canterbury Museum 7: 175-183.
WORTHY, Trevor H. et al. (2006), Miocene mammal reveals a Mesozoic ghost lineage on insular New Zealand, southwest Pacific. Proceedings of the National Academy of Science of the Unioted States of America. Vol. 103 no. 51: 19419-19423.