Lo yeti della Cina, 50 anni dopo...
Oltre ad avere una ricca tradizione folkloristica relativa al cosiddetto "uomo selvatico" (dove è conosciuto con svariati nomi: renxiong, maoren, shangui, xueren, feifei e il più comune yeren), la Cina è anche uno dei pochi Paesi al mondo ad essersi dedicato attivamente alla sua ricerca. L'interesse scientifico esplose negli anni '50, sulla scia di quanto accadde nell'allora Unione Sovietica in concomitanza con il diffondersi in tutto il globo delle notizie riguardanti lo yeti dell'Himalaya, ma l'apice fu raggiunto nel 1977 e nel 1979, anni in cui l'Accademia Cinese delle Scienze affidò all'antropologo Zhou Guoxing del Museo di Storia Naturale di Pechino, la coordinazione di due spedizioni su larga scala con lo scopo di svelare il mistero una volta per tutte...
Guoxing si dedicò per prima cosa alla ricerca storica, scoprendo che una cronaca locale della Contea di Fang risalente al 1700 riportava quanto segue:
L'antropologo collegò questo aneddoto al ritrovamento avvenuto durante uno scavo archeologico condotto nell'area, di una lampada di bronzo datata alla dinastia Han (206 A.C. - 220 D.C.) recante rilievi di raffigurazioni di uomini villosi aventi grosse arcate sopraccigliari e simili a scimmie antropomorfe. In seguito Guoxing trovò raffigurazioni simili in un murale su roccia del tempio di Confucio nella provincia di Shadong, convincendosi che forse centinaia di anni fa delle scimmie antropomorfe potevano essere esistite in numerose parti della Cina.
Dopo il setaccio di tutte le possibili informazioni del passato, il secondo passo fu quello di esaminare le numerose testimonianze recenti, tra le quali ritenne di particolare interesse due segnalazioni che ebbero come protagonisti testimoni che erano anche ricercatori scientifici. La prima di queste fu raccontata dal biologo Wang Zelin, che riferì di avere avuto la possibilità di vedere un uomo selvatico di sesso femminile che era stato abbattuto nella provincia di Gansu:
La seconda testimonianza ebbe come protagonista il geologo Fan Jingquan, che fu interrogato a tal proposito da Guaxing nel 1981:
La grande caccia all'uomo selvatico del 1976 fu innescata da quello che Guoxing definì "un avvenimento clamoroso": la mattina del 14 luglio uno strano animale fu incontrato da sei ufficiali che stavano attraversando il confine della contea di Fang e l'area della foresta di Shennongjia a bordo di una jeep. Cai Xinji, l'autista, era appassionato di caccia e decise di cercare di catturare l'animale dirigendosi verso di lui a fari accesi e suonando il clacson, costringendolo a tentare la fuga verso un pendio, ma essendo troppo ripido la creatura scivolò a circa metà strada. Quando la jeep gli si avvicinò, l'animale si girò e si mise a quattro zampe faccia a faccia con i fari. In questa postura, alla stregua di un essere umano, era più alto nella parte posteriore che in quella anteriore. Mentre l'autista rimase a bordo del veicolo per dare colpi di clacson, i cinque passeggeri scesero convergendo verso la bestia, due da un lato e tre dall'altro. Si avvicinarono a circa due metri, ma non osarono andare oltre.
A un certo punto Zhou Zhongy, un altro dei presenti, raccolse una pietra e colpì l'animale a un fianco. La cosa si girò come un fulmine, scivolò nel fosso lungo la strada e scomparve velocemente nei boschi. Tutti e sei i testimoni concordarono nell'attribuire all'animale le seguenti caratteristiche:
i suoi peli, morbidi e sottili erano rossicci. Quando stava a quattro zampe i peli delle braccia ricadevano per una lunghezza di circa 10 cm. C'era una striscia rosso scuro sulla schiena. Il volto era chiaro e i piedi avevano peli neri. Non possedeva una coda ed era alto circa 150 cm.
La spedizione che ne seguì iniziò nel marzo del 1976 e terminò nel novembre del 1977. Fu investigata un'area di 6.000 km2. Nel 1977 era composta da 110 (!) persone che includevano geologi, antropologi e zoologi. Furono trovate presunte impronte, peli ed escrementi (su questo torneremo più tardi), ma nessuna prova certa dell'esistenza dell'uomo selvatico.
Integrando tutte le informazioni ottenute dalle numerose spedizioni scientifiche e includendo la letteratura, il folklore e i racconti dei testimoni oculari, Guoxing concluse che sembravano esistere due distinte tipologie di uomini selvatici. La prima, a deambulazione quadrupede, era alta circa 120, 150 cm ed era conosciuta con i nomi di huan e di rexxiong (uomo orso) e ad essa erano associate impronte di circa 20 cm che mostravano un alluce divaricato simile a quello delle scimmie. La più verosimile collocazione zoologica per questa tipologia chiamava in causa dei macachi e inizialmente Guoxing non disdegnò l'ipotesi di una specie o sottospecie ancora sconosciuta di questi primati.
La seconda tipologia riguardava invece creature bipedi, alte sino a 2,5 metri (conosciute con i nomi di yeren 'uomo selvatico' e maoren 'uomo villoso'), che imprimevano sul terreno impronte lunghe 40 cm la cui disposizione delle dita era molto simile a quelle di un piede umano. Guoxing concluse la sua prima fase di studi dicendo che dopo così tante investigazioni scientifiche su larga scala, sarebbe dovuta emergere qualche evidenza concreta circa l'esistenza dell'uomo selvatico, mentre invece i risultati finali non potevano essere considerati soddisfacenti:
- i testimoni oculari potevano essere non attendibli
- i presunti reperti di uomo sevlatico che furono esaminati si rivelarono essere parti anatomiche di macachi o di orsi
- i presunti peli risultarono come non appartenenti ad animali sconosciuti
- la maggior parte delle impronte era riconducibile a quelle di orsi e macachi
L'unico mistero rimasto irrisolto restavano le impronte di grandi dimensioni simili a piedi umani:
Trent'anni dopo, nel 2012, Guoxing pubblicò il bilancio e le sue considerazioni finali dei suoi 50 anni sulle tracce del leggendario uomo selvatico della Cina, presentando una sintesi e una revisione aggiornata del punto della situazione alla luce delle ultime scoperte.
La sintesi generale indicava chiaramente che dal 1950 a oggi non era stato fatto nessun tipo di passo avanti per quanto riguardava le prove dirette circa la possibile esistenza dell'uomo selvatico. Ad esempio nel 2007 Guoxing conobbe il cameraman Jiang Yong, che nel 2003 aveva seguito un branco di rinopitechi dorati assieme a una guida locale di nome Liu Xunwen. Quest'ultimo disse di avere rinvenuto dei peli misteriosi durante una battuta di caccia e sospettò che appartenessero all'uomo selvatico. I peli furono donati a Jiang e successivamente esaminati dalla Scuola per le risorse della Fauna, che determinò che provenivano da un goral (un parente asiatico del camoscio).
Anche il suo approccio per quanto riguardava l'analisi delle presunte impronte era cambiato: si era infatti accorto che solo uno studio delle vere impronte sul terreno poteva essere considerato attendibile. Soltanto in questo modo è infatti possibile rendersi conto della loro freschezza e dell'alterazione dovuta al passare del tempo. Inoltre solo in presenza di una pista di impronte è possibile ottenere informazioni sull'andatura, il ritmo e la variazione morfologica tra un'impronta e l'altra. La maggior parte della collezione di Guoxing era invece composta da impronte che furono esaminate solo sotto forma di calchi in gesso, i quali spesso, in base alla diversa qualità del substrato dove sono impresse le impronte, possono risultare molto diversi dall'impronta stessa, oltre ad essere in qualche modo alterabili. La conclusione di Guoxing era che lo studio dei soli calchi delle presunte impronte di uomo selvatico non poteva considerarsi attendibile.
Abbiamo appreso come Guoxing ritenesse che la maggior parte delle segnalazioni di "uomini orso" potessero trovare spiegazione con l'esistenza di una grossa specie o sottospecie di macaco terricolo non ancora conosciuta alla scienza. Le sue teorie in merito, e lo studio dei relativi reperti, sono stati approfonditi qui. Sintetizzando:
Nelle aree prossime a Shennongja i locali parlano di due diversi tipi di macachi, uno dei quali è molto più grande del macaco comune, non possiede una coda (o ne ha una molto corta), ha un muso più grande e un pelame più scuro. Personalmente ritengo che per spiegare queste segnalazioni non ci sia la necessità di ipotizzare nuove specie o sottospecie di macachi, quanto di considerare l'areale di distribuzione delle specie cinesi attualmente conosciute. Infatti le provincie di Hubei e di Anhui, dalle quali provengono le segnalazioni di macachi di grosse dimensioni, sono la dimora del macaco rhesus (Macaca mulatta), che può raggiungere gli 8 kg di peso e possiede una coda ben visibile, lunga circa la metà del corpo.
Nelle provincie più meridionali vive invece il più massiccio macaco tibetano (Macaca thibetana), dotato di una coda lunga solo circa l'8% del suo corpo e dal colore più scuro, che può raggiungere i 20 kg. Le leggende sull' "orso scimmia" delle provincie di Hubei e Anhui potrebbero così trovare una spiegazione con singoli individui di macachi tibetani sconfinati aldilà del loro normale areale di distribuzione.
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GUOXING, Zhou (1982), The Status of Wildman Research in China. Cryptozoology 1, 13-23
GUOXING, Zhou (1999), The Story and the Status of Wildman Reasearch in China. Primo Convengo Internazionale di Criptozoologia in Italia. Roma - Centro Parchi Internazionale 27-28 marzo 1999
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GUOXING, Zhou (2012), Fifty years of tracking the Chinese Wildman. The Relict Hominoid Inquiry 1:118-141
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GUOXING, Zhou (1984), Morphological analysis of the Jiulong Mountain "manbear" (wildman) hand and foot specimens. Cryptozoology, Vol. 3: 58-70
ROSSI, Lorenzo (2012), Criptozoologia - Animali Misteriosi tra Scienza e Leggenda. 63-69