La verità sulla lince fotografata in Appennino
La notizia del primo esemplare di lince ufficialmente fotografato in Appennino è stata riportata (e poi eliminata) dal sito dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) qualche giorno fa con toni promettenti, che non sembravano lasciare dubbi sull'effettiva provenienza geografica delle immagini:
Considerando la serietà dell'ente ed il fatto che le fotografie risalivano a un mese prima, si poteva essere così portati a supporre che il ritardo nella diffusione dell'importante notizia fosse dovuto al fatto che quest'ultima era stata prima verificata con tutti i crismi del caso, tra i quali un indispensabile sopralluogo e l'individuazione esatta del punto in cui il felino era stato immortalato. Simili presupposti erano ampiamente sufficienti per aprire interrogativi alquanto stimolanti, infatti sebbene il sito dell'ISPRA non ne avesse (stranamente) minimamente accennato, il soggetto delle fotografie non era una ben diffusa lince eurasiatica (Lynx lynx), quanto con ogni evidenza una ben più rara lince pardina (Lynx pardinus).
Questo "dettaglio" di non poco conto delineava infatti uno scenario quasi surreale: quello di qualcuno, che per qualche ragione, aveva liberato in Appennino uno dei felini più rari al mondo. Sempre ammesso e non concesso che l'ISPRA avesse davvero approfondito il caso prima di pubblicare la notizia... Cosa che di fatto, allo stato attuale delle informazioni emerse, non sembra affatto essere accaduta.
Così mentre nei vari forum e liste naturalistiche tra chi affermava che si trattava sicuramente di un "esemplare obeso da cattività" e chi assicurava invece di avere intervistato personalmente l'autore delle fotografie confermandone senza ombra di dubbio la loro provenienza appenninica, c'era anche chi, con meno sicumera ma certamente con più professionalità, faceva emergere particolari molto importanti in grado di portare ad una corretta conclusione dell'intera faccenda.
Il primo ad avere notato una somiglianza sospetta tra il pattern del presunto esemplare fotografato a Santa Sofia e quello degli individui del piccolo nucleo (circa una trentina di adulti) del Parco nazionale di Doñana è stato il biologo Davide Palumbo, che in merito aveva anche esibito un'immagine di paragone alquanto chiarificatrice:
Successivamente, con l'aiuto di Nicola Sitta, Palumbo aveva anche identificato la pianta che si trova a sinistra sullo sfondo come una Asclepias fruticosa, originaria dell'Africa del Sud e dalla quale si ricava una fibra tessile, che per la sua eccessiva diffusione sta creando problemi proprio nel parco di Doñana. Ma la prova del nove sembra provenire dai ricercatori che nel parco ci lavorano, i quali, nella persona della dott.ssa Gema Ruiz Jiménez, hanno identificato l'esemplare delle presunte fotografie appenniniche con Dardo, un maschio di lince pardina che vive (in perfetto peso forma e totale libertà) proprio nel parco di Doñana:
Ecco quindi come al momento questo caso sembra essere stato risolto, mentre purtroppo, tutto quello che più o meno direttamente potrebbe essere ad esso riconducibile, fa parte di una surreale situazione tutta italiana del mondo delle Scienze Naturali, la quale a mio parere è stata egregiamente dipinta da Palumbo sulla sua pagina facebook: